Lo dico al Corriere – Pensioni

Dopo la recente Sentenza 135 della Corte Costituzionale com’è ovvio la domanda sulla inadeguata perequazione delle pensioni pubbliche (come già evidenziato) sorge spontanea !!  … Lo dico al Corriere

Per la rivalutazione delle pensioni nel 2026 potrebbero essere necessari circa 5 miliardi, al lordo del ritorno fiscale che gli aumenti genererebbero automaticamente.
È  la cifra di partenza con cui il governo sta facendo i conti, a legislazione vigente, in vista della manovra.

L’inflazione acquisita per il 2025, secondo i dati diffusi ad agosto, è infatti dell’1,7%. La spesa per le pensioni prevista per il 2025, comprese le pensioni assistenziali, è di circa 355 miliardi: se l’1,7% si applicasse incondizionatamente a tutta la spesa le risorse necessarie sarebbero superiori a 6 miliardi, ma se si considera la rivalutazione sulla base delle fasce di reddito da pensione previste per il 2025 (100% per gli assegni fino a quattro volte il trattamento minimo, 90% per quelli tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo e 75% per quelli superiori a cinque volte il trattamento minimo), la spesa potrebbe scendere intorno ai cinque miliardi.

Secondo i dati sugli importi di pensione ai beneficiari riferiti al 2023 (ultimo dato disponibile) i beneficiari di pensione che hanno assegni inferiori a 2.500 euro lordi (il limite per le quattro volte il minimo, fino al quale si ha diritto alla rivalutazione piena, è 2.394 euro) sono il 78,9% del totale per una percentuale di importo complessivo del 56,7%. Se si applicasse questa percentuale alla spesa per pensioni prevista nel 2025 bisognerebbe rivalutare dell’1,7% oltre 201 miliardi di spesa prevedendo uno stanziamento di oltre 3,4 miliardi.

Per i restanti 153,7 miliardi di spesa pensionistica anche prevedendo un recupero solo dello 0,75% dell’aumento dei prezzi, quindi solo dell’1,275 la spesa necessaria sarebbe di quasi 2 miliardi (1,959) portando la spesa complessiva per la rivalutazione degli assegni oltre i 5,3 miliardi.

In questi ultimi mesi c’è stato anche un aumento dei contributi versati, sia per l’aumento dell’occupazione che per il recupero dell’inflazione dei salari con il rinnovo dei contratti riducendo la pressione sul bilancio dell’Inps ma il Governo potrebbe prevedere una stretta sulla rivalutazione cambiando di nuovo le fasce di importo per la perequazione.

Alla spesa per la rivalutazione nella messa a punto della legge di bilancio sempre in tema previdenziale si aggiungerebbe la ricerca delle risorse necessari per bloccare l’aumento di tre mesi dei requisiti per l’età pensionabile e per la pensione anticipata che dovrebbero scattare nel 2027. Senza questo intervento, ipotizzato da alcuni esponenti del Governo, nel 2027 per accedere alla pensione di vecchiaia saranno necessari 67 anni e tre mesi di età mentre per raggiungere i requisiti della pensione anticipata indipendentemente dall’età serviranno 43 anni e un mese di contributi per gli uomini e 42 anni e un mese per le donne. Il blocco dell’aumento di tre mesi potrebbe costare a regime circa tre miliardi.