COVID-19: UN PO’ ALLA VOLTA….

di Stefano Biasioli – martedì 5 maggio 2020

Pubblicato su StartMag.it il 5.5.20

Un po’ alla volta, stanno emergendo alcune verità fondamentali sul COVID-19. Per almeno due mesi la grande stampa e la massa delle TV, tutte prone davanti al governo Conte, hanno tenuto sottotraccia (termine eufemistico) alcuni elementi essenziali di questa pandemia.

Per non essere accusati di sciatteria, confermiamo che siamo convinti che si tratti di PANDEMIA. Ma siamo altrettanto convinti che si potesse fare di più, anche nella nostra nazione.

 I FATTI

Da anni comperiamo e leggiamo 5-6 quotidiani al dì e almeno 2 pubblicazioni informatiche.

In questi lunghi mesi di clausura domiciliare (sono ormai 2) abbiamo quotidianamente registrati e valutati tutti i numeri della virosi, quelli nazionali e quelli regionali veneti, e abbiamo messo in fila l’enorme massa di DPCM, di decreti ministeriali e di circolari applicative nazionali. Non abbiamo incluso le fake-risposte, aggiungendo invece le ordinanze venete.

Quindi, al di là dei numeri/statistiche dei giornali, abbiamo costruito dei grafici, sia nazionali che regionali. Grafici che hanno cercato di mettere in evidenza alcuni elementi trascurati dalle voci ufficiali.

Finalmente, domenica 3/5/20, vediamo comparire sul Corriere (pag.11) una bella figura che visivamente, con pallini di diversa grandezza e colore, mostra l’andamento del COVID-19 nelle diverse regioni Italiane.

Andamento ottimo nelle regioni del Sud ,nelle Isole e nelle Marche-Umbria(poco contagio globale, pochi infetti attuali, pochi morti); medio in Toscana, Lazio, Abruzzo; molto pesante nelleregioni del Nord.

 Dati ovvii, penserete. Non è così.

Infatti se le regioni industriali del Nord sono state massicciamente colpite fin dall’inizio, l’andamento successivo è stato ben diverso. La Lombardia –purtroppo- capofila, seguita da E. Romagna e Veneto ma poi, con il passar delle settimane, la virosi è esplosa in Piemonte mentre altrove il decorso diventava più favorevole.

In questi giorni, appare chiaro chein Val D’Aosta, Veneto, Friuli V.G., Emilia R., Liguria  e a Trento + Bolzano il numero dei guariti supera largamente il numero  degli infettati attuali.

Invece in Piemonte, Lombardia, Toscana, Campania e  Puglia è esattamente il contrario.

Nel complesso, in Italia, il numero dei guariti è ancora inferiore al numero attuale degli infettati (-21%) e rappresenta il 38% del fenomeno totale.

Conclusioni (di questa parte): la RIAPERTURA del PAESE AVREBBE DOVUTO TENER CONTO di QUESTI ANDAMENTI,  ossia generale in alcune regioni e graduale-programmata- in altre.  Questo, ennesimo, decreto di Conte, non tiene conto di questi dati, pur elementari e grossolani, ma solo delle previsioni formulate dagli esperti (!)

 MODELLI MATEMATICI: verità e falsità.

Finalmente, nei giorni scorsi, è stata fatta un po’ di chiarezza su questi aspetti, misteriosi per l’italiano medio, ma invocati come “VERITÀ DIVINA” dai nostri governanti.

Dobbiamo alla holding privata CARISMA l’aver messo in evidenza la criticità dello studio IIS –Kessler-Comitato tecnico-scientifico (CTS), rilevandone gli errori di metodo e di calcolo.

In breve, il modello presagisce , in caso di riapertura, numeri esponenziali di nuove infezioni e di occupazione di letti in terapia intensiva. E’ intitolato:” Valutazione di politiche di riapertura utilizzando contatti sociali e rischio di esposizione professionale”, con diversi scenari/ampiezze della riapertura, dopo i mesi di chiusura. Sulla base di queste previsioni il CTS conclude: “….essendo le stime attuali di Ro comprese tra 0,5 e 0,7, appare evidente dalle simulazioni se – con la riapertura- Ro fosse anche di poco superiore a Ro 1 (1,05-1,25) l’impatto sul SSN sarebbe notevole…quindi… lo spazio di manovra sulle riaperture non è molto…”. Da qui, una serie di indicazioni, su cui è basato il recente ed ennesimo decreto governativo.

Come ha osservato giustamente ZEUS (Libero, 3/5/20, pag.7) non si capisce la logica dei passaggi. “Lo studio passa per 3 soggetti – Fondazione Kessler, ISS, CTS- approda al quarto(governo), sfocia nel DPCM (Conte, quinto soggetto). E allora a che serve nominare una TASK-FORCE apposita , se poi questa deve recepire il parere di un Ente  pubblico, che a sua volta si avvale di un centro di ricerca privato? Più voci, nessuna garanzia, molta confusione”.

Concordiamo in pieno. Prendiamo altresì atto che nessuna voce contraria al citato documento è venuta dai “soloni” della Istruzione pubblica (Università, CNR, Fondazioni pubbliche) ma da una holding industriale, quale Carisma.

Clinici e non teorici, quali siamo sempre stati, contestiamo assolutamente l’idea che sta alla base di questo studio. Ossia calcolare il numero dei casi critici sul totale degli infettati – in altri termini il numero dei ricoveri nelle T.I.- derivandolo dall’indice R0, ossia dalla diffusione teorica del virus, in diversi scenari di riapertura: edilizia, scuola, ristorazione, commercio…, considerando diverse fasce d’età e attribuendo arbitrariamente un valore del 15-25% ai sistemi di protezione individuale.

Un’idea, non un dogma. Un’idea peregrina per diversi motivi:

  1. Perché è  basata sui dati (morti+ soggetti in terapia intensiva/totale infetti), già  vecchi (31/3/20), in presenza di una virosi che ha perso forza (in tutte le Regioni sopra citate) tra il 20 e il 27 marzo;
  2. Perché è finito l’effetto “sopresa”, quello che ha provocato migliaia di morti innocenti;
  3. Perché la % di pazienti ospedalizzati finiti, purtroppo, in terapia intensiva è fortunatamente pesantemente calata. In Veneto, ad esempio, siamo passati dal valore massimo del 30% (inizio pandemia) ad un valore sul 17% (fase intermedia) e poi al valore attuale del 9,73%, in continuo calo..;
  4. I protocolli sanitari sono miglioratie si è capito che, se trattati più intensamente all’inizio della infezione, meno pazienti arrivano in T.I. Anzi che, va fatto il massimo perché ciò non succeda.
  5. Se, esclusa la Lombardia, nessuna T.I. è arrivata alla saturazione, come è ipotizzabile che una recidiva della virosi produca più danni della sua fase iniziale?
  6. L’indice di riproduzione è opinabilee un modello predittivo epidemiologico così  costruito è poco scientifico. Lo stesso dicasi per quello previsionale più recente (si veda il CorSera del 3/05, pag.12). Troppe sono ancor oggi le variabili ignote: efficacia della clausura e dei mezzi di autodifesa (mascherine, guanti, gel); caratteristiche del virus (tempi di infezione, sensibilità alle alte temperature, sua evoluzione ossia “effetto gregge”; efficacia dei percorsi “specifici” extra ed intraospedalieri; efficacia del mix diagnostico e terapeutico.
  7. E, soprattutto, non tiene conto di un elemento fondamentale: il COMPORTAMENTO INDIVIDUALE, ad auto e ad altrui tutela. Comportamento che, in Italia, è stato largamente ottimale!

Insomma una serie di errori metodologici, cui ha fatto seguito una serie di conferenze stampa in cui si sono utilizzati, come minaccia per i cittadini, “ numeri spauracchio” di occupazione delle T.I., dieci o venti volte superiori al reale.

UN REATO di PROCURATO TERRORE, da perseguire.

CONCLUSIONI (parziali): (MEDICHE e MORALI)

MEDICHE

Chi scrive si vanta di essere stato, per lunghi 50 anni di vita ospedaliera, un “clinico ruspante”, un medico abituato a curare i suoi malati con impegno e scienza-coscienza, sempre. Un medico che, tra le altre cose, ha sempre chiesto ai pazienti, alle persone ammalate, di “aiutarlo a curarle”, di essere loro-lui-lei (i singoli malati) al fianco del camice bianco, anche e soprattutto nei casi più gravi.

E, in assenza di cure “codificate”, questo “clinico ruspante” – esattamente come fatto da moltissimi Colleghi- spiegava al paziente la precarietà terapeutica e gli proponeva – in assenza di linee farmacologiche sicure- l’approccio alla “terapia compassionevole”, ossia all’uso di farmaci/tecnologie codificati per altri scopi.

E, così, nel corso degli anni la medicina ha fatto progressi: con la terapia fatta sul campo (prima) e codificata e asseverata da studi clinici (poi).

Così, proprio così, l’Italia è diventata leader mondiale nelle tecniche dialitiche; così, proprio così, si sono fatti progressi farmacologici importanti: dai singoli casi clinici alla terapia ufficiale validata.

Due esempi, su tutti. Negli anni settanta, in terapia dialitica, l’uso della doppia pompa e del bicarbonato (al posto dell’acetato) nelle soluzioni dialitiche. Negli anni ottanta, l’uso degli ACE-inibitori per contrastare l’evoluzione delle nefropatie e l’uso dello SCHEMA di PONTICELLI, nella sindrome nefrosica di una certa tipologia.

Ma, esempi, potrei farne a centinaia. Anche oggi, in assenza di terapie codificate, i medici italiani hanno fatto così. Hanno provato di tutto, come dimostrano i fatti. Hanno provato, in attesa degli studi clinici codificati, che arriveranno “a babbo morto”. Ma questa è un aspetto che valuteremo in un prossimo articolo.

MORALE

Il comportamento (teoria e prassi) tenuto dalla POLITICA ROMANA è stato quanto meno criticabile.

Ci si è riparati dietro il parere del CTS, come alibi. Ma la politica deve fare delle scelte, sempre, altrimenti è inutile.

È mancata una visione sistematica e soprattutto la fiducia nei cittadini. Da ciò, l’assunzione di misure al limite della Costituzione, bloccando la libertà dei cittadini, anche quando il dato reale l’avrebbe permesso.

Conte e C. hanno preteso il controllo assoluto dei cittadini, senza avere né il carisma (che ci sarebbe voluto) né i mezzi.

Il carisma, Conte non ce l’ha né l’avrà mai, dato il suo stentato curriculum.

Sui mezzi, stendiamo un velo pietoso: la CONSIP – quella che doveva essere la garanzia per tutti – si è rivelata inadeguata: senza un deposito “sufficiente alla bisogna” dei presìdi necessari, associato alla incapacità  ad evitare grossolane truffe commerciali.

Da ultimo, un’affermazione fondamentale. Dai tempi dell’epatite (B,C,D..), dell’HIV, della mucca pazza, della viaria etc. etc. il RISCHIO CLINICO NON È PIÙ UN’ECCEZIONE ma la REGOLA.

In questi decenni abbiamo capito che anche il semplice uscire di casa è diventato pericoloso.

Lo stesso dicasi per le attività lavorative. C’è un rischio, sempre.

Non si può chiudere la gente in casa, per mesi o per anni. Occorre essere consapevoli dei rischi legati al vivere comune e comportarsi di conseguenza, da persone civili e consapevoli.

NON C’È BISOGNO di LEGGI o di DPCM, per questo!

La salute è un bene primario, lo so bene. Ma libertà e lavoro sono altrettanto essenziali, perché un uomo sano  senza lavoro e/o senza libertà non è un uomo nella pienezza del suo essere.

La vita umana è un bene unico, poiché la morte è irreversibile.

Ma i momenti critici vanno affrontati con decisione e intelligenza. Doti che la politica romana ha dimostrato di non avere.

 

Stefano Biasioli
Primario Nefrologo in pensione
Sindacalista medico, in pensione
Consigliere Cnel

“Ma non, per questo, vecchio da buttare”