Phisikk du role – È l’ora del vaccino. Obbligatorio – Formiche.net

Di Pino PisicchioFormiche.net

La Costituzione lo consente, il buonsenso lo esige, l’interesse nazionale lo impone. Perché non si rende obbligatorio il vaccino? Tanto ci arriveremmo lo stesso, assai probabilmente, categoria dopo categoria. La rubrica di Pino Pisicchio

I numeri, innanzitutto: più di quattro milioni di italiani over 50 non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino. Se poi andiamo per categorie “sensibili”, troviamo 35.691 sanitari (medici e infermieri) e 186.571 tra formatori e amministrativi del mondo scolastico privi di copertura vaccinale.

Dall’altra parte l’andamento della pandemia: ieri, 27 agosto 2021, si sono registrati 7.826 nuovi casi di contagio e 45 decessi, punta massima in un percorso sempre in escalation. Tanto per fare paragoni, lo stesso giorno dell’anno scorso si verificarono 1.411 nuovi casi e cinque decessi.

Era l’estate dell’incoscienza, del tana libera tutti, del “ce l’abbiamo fatta” dopo l’incubo del lockdown, dopo le tonnellate mielose di retorica ammannita dalla tv di Stato, dopo le giornate passate a consumare gli occhi davanti al monitor del pc e le inedite contese familiari per portare l’immondizia nel bidone giù in strada, così, per prendere un po’ d’aria quasi clandestina. Era anche l’estate senza una sola goccia di vaccino, perché non c’era. Non era stato ancora inventato e agiva ancora il papà dei bastardissimi e variati (e avariati) Covid-19, quello che nella casa dei virus ha oggi il posto d’onore con una fotografia in cornice sul caminetto del salotto.

Torniamo a oggi: gli esperti di epidemie raccontano che dobbiamo aspettarci cose “tinte” (camillerianamente) dalla variante Delta e Lambda e chissà da quante altre lettere greche fino alla fine dell’alfabeto. Sono aggressive, svelte, subdole e contagiano anche i vaccinati. Però, aggiungono gli esperti, i vaccinati non hanno da temere la morte: per loro il virus non sarebbe letale. L’argomento ha un suo che, avendo ancora riguardo ai numeri: se il 27 agosto dell’anno scorso avevamo raggiunto la dolorosissima cifra di 35.463 morti per il coronavirus, oggi la contabilità dei decessi ci fa sfiorare i 130.000 (129.002, per la precisione).

In mezzo, una campagna vaccinale partita a marzo e che ora ha dato copertura totale (con le due dosi) a circa il 60% della popolazione. Il Comitato tecnico scientifico del ministero della Salute avverte che in questo contesto non si può parlare di tabù per il vaccino obbligatorio. Parole nette in questo senso vengono dai sindacati confederali. La politica, sempre più timida e incerta (perché non capisce dove sta il consenso e ha paura di perderlo), invece che indicare le strade sembra seguire l’onda dei social.

Ma qualche voce comincia a squarciare il velo di silenzio anche nei partiti. L’ultimo ostacolo formale l’ha rimosso l’Fda, l’agenzia del farmaco americana (segue a ruota l’Ema, la gemella europea), superando il limite della sperimentalità di Pfizer. Il che non rappresenta solo un problema di forma, ma implica parecchio altro anche dal punto di vista di possibili indennizzi per danni derivanti dal vaccino.

Siamo, dunque, alla vigilia di un autunno che potrebbe riproporre il quadro difficile dello scorso anno (scuole in presenza, trasporti urbani in piena attività, promiscuità inevitabile, città piene, diffusione esponenziale del virus) mentre appare ancora lontana l’immunità di gregge che, oltretutto, ogni giorni sembra portare la sua asticella più in alto.

Torniamo a porre la domanda che da queste colonne avevamo formulato nello scorso luglio (in perfetta solitudine): perché non si rende obbligatorio il vaccino? La Costituzione lo consente, e questo ormai lo sappiamo tutti (quelli che ancora non lo sanno vadano a rileggersi l’articolo 32 o il certificato vaccinale dell’ultimo arrivato nel nucleo familiare, scoprendo che avrà fatto almeno una decina di vaccini), il buonsenso lo esige, l’interesse nazionale lo impone. Ci arriveremmo lo stesso, assai probabilmente, categoria dopo categoria. Magari se lo facciamo subito salviamo qualche vita. Ne varrebbe la pena.